In occasione del Pride Month, il team CoccoleBimbi ha deciso di raccontarvi la storia di una famiglia “non convenzionale” formata dal piccolo Leonardo e Francesco Maddaloni e Guido Radaelli, due super papà che hanno reso speciale ciò che per la società è ancora considerato un tabù o viene affrontato con le bende sugli occhi. Il loro progetto trae ispirazione da storie di vita quotidiana, riadattate in chiave kids per cominciare ad educare sin da piccoli ai principi di amore e pari opportunità.
- “Famiglie Favolose” racconta la storia di sette famiglie animali speciali, in quanto affrontano tematiche legate al gender identity, crescita o ancora esclusività nell’inclusione. Attraverso il vostro libro, questi topic vengono sdoganati come tabù anche a partire dai primi anni dell’infanzia. Come è nata l’esigenza di comunicare ai più piccoli? Perchè?
Io e il mio compagno Guido abbiamo coltivato con grande rispetto e attenzione il desiderio di diventare assieme papà. Ci siamo chiesti come avremmo fatto a spiegare a nostro figlio/a che la sua sarebbe stata una famiglia non convenzionale. Abbiamo subito pensato che un linguaggio a misura di bambino, quello delle fiabe quindi, sarebbe stato uno strumento prezioso. Al tempo, stiamo parlando di un paio di anni fa, vivevamo tra Milano e New York per il lavoro di Guido, e abbiamo avuto la fortuna di osservare come certe tematiche venissero affrontate da una cultura diversa dalla nostra. Passavamo interi pomeriggi nei negozi di libri di Manhattan e in particolare nei negozi di libri per bambini. Ci siamo resi conto che molti volumi erano belli, ma parlavano di diversità in maniera settoriale, didascalica, e non permettevano ai piccoli lettori di perdersi in quei racconti colorati e fantastici che riportavano noi stessi, ancora da adulti, a desiderare delle fiabe. Così abbiamo pensato: perché non proviamo a scriverlo noi un libro di fiabe che ti porta lontano con la mente e col cuore, in cui rappresentare uno spaccato delle diversità familiari? Così è nato “Famiglie Favolose”, che contiene storie di famiglie di animali in cui c’è stata una separazione, un’adozione, in cui ci sono due papà o due mamme o in cui c’è un genitore single. Perché la realtà delle famiglie oggi assomiglia più a quelle raccontate in questo libro che a una cartolina sbiadita di una famiglia perfetta e intoccata dalla diversità.
- Il libro si ispira a fatti realmente accaduti. Pensi che comunicare i concetti di diversità e inclusività sotto forma di favole sia più semplice che comunicare in linea diretta con adulti?
Pensiamo che il rispetto, la diversità, la gentilezza e l’inclusione possano riuscire solo passando per quelli che saranno gli uomini e le donne di domani. L’educazione ha un ruolo fondamentale per la riuscita di una società civile che tenga conto di questi valori. Bisogna parlare ai bambini, spiegar loro come stanno le cose con una sincerità cucita naturalmente a loro misura. Le favole sono uno strumento prezioso per permettere ai bambini di riconoscersi ma anche di imparare. Molti piccoli vivono in famiglie in cui, ad esempio, i genitori non stanno più assieme o crescono con i nonni. Questi bimbi meritano delle fiabe in cui potersi ritrovare per far capire loro che va bene appartenere a nuclei non convenzionali. Che questo non significa ricevere meno amore o crescere partendo da una situazione svantaggiata. E’ semplicemente una situazione diversa. Così come pure i bimbi che vivono in famiglie tradizionali avranno sicuramente un compagno di scuola o di squadra che vive in una famiglia diversa. E’ allora è bene che anche lui stesso venga alfabetizzato alla diversità delle realtà familiari, perché negarle significa stare al mondo con i paraocchi.
- Nella prefazione del vostro libro, concludete con una frase in particolare: “l’amore è l’unica cosa di cui una famiglia ha bisogno”. Ad oggi, pensi che questo messaggio sia stato veicolato maggiormente e si siano fatti passi in avanti?
Negli ultimi anni si sta sviluppando una cultura e un’attenzione ai temi delle nuove compagini familiare che sicuramente fino a dieci anni fa non c’era. Tuttavia il cambiamento più forte lo percepisco nel quotidiano: tra le persone che incontro al supermercato, quando mi fermo all’uscita di una scuola, quando mi guardo attorno nella sala di un cinema al pomeriggio. Le famiglie nuove sono attorno a noi, fanno già parte delle nostre vite. E le persone lo sanno. E si fanno molti meno problemi di quelli che si possono ipotizzare sulla carta. Io e il mio compagno alla fine siamo riusciti a diventare papà. Il nostro Leonardo ha quasi un anno. E fino ad oggi non ci siamo mai sentiti in difetto in nessun contesto che frequentiamo. Siamo fortunati. Viviamo a Milano, che è una grande città abituata al progresso, è vero, ma penso che la società in generale sia molto più avanti rispetto alle istituzioni. La politica è distante da questi temi e tanto ancora bisogna fare per permettere alle persone di sentirsi tutelate e a proprio agio all’interno di contesti familiari non convenzionali.